R/esistenza alla fabbrica univeristaria

Dentro una società in cui ogni aspetto della vita umana è assoggettato
a meccanismi di messa a valore, anche il sapere rimane imbrigliato in
logiche puramente aziendali. L’università si tramuta così da luogo di
produzione di cultura a luogo dove la cultura è messa a produzione e lo
studente, come l’operaio in fabbrica, viene spossessato dei frutti del
suo lavoro.
All’ideale di arricchimento dell’individuo è stato
sostituito un gretto, ma più funzionale, nozionismo. Come automi
veniamo programmati con il minimo delle istruzioni necessarie a
garantire un nostro multiforme e indifferenziato adattamento alla
precarizzazione del mercato, così come imposto dall’imperativo della
flessibilità.
Ma non c’è solo questo: la pauperizzazione delle
coscienze comporta anche meno difese,maggiore vulnerabilità e
manovrabilità. Gli OPERAI DEL SAPERE saranno pronti a dare il meglio di
se’ per far crescere il sistema nella direzione per loro stabilita da
chi concretamente lo governa.
Obbiettivo di vecchie e nuove
riforme rimane quello di plasmare lo studente massa: un individuo
omologato, unidimensionale, la cui possibilità di autodeterminazione è
ormai ridotta al minimo grazie a piani di studio disorganici, che
impongono ritmi da fabbrica fordista e generano frammentazione.
A
questo infimo attacca mosso alla nostra dignità e personalità, noi
rispondiamo con pratiche che si sottraggono alla fabbrica totale, e in
questo tempo liberato diamo vita a una forma altra e affermativa di
cultura: quella condivisa e autoformata.

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